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Sephardic BEAT

SEFARAD

Sefarad è il nome con cui gli ebrei chiamavano la Spagna ed è da qui che incomincia il nostro viaggio. Gli insediamenti ebraici nella penisola iberica risalgono addirittura all’epoca romana e si protrassero fino alla fine del ‘500. Quattordici secoli in cui la cultura sefardita potè progredire a contatto  prima con  la cristianità e  poi, a partire dal 700, anche con l’Islam. Otto secoli di incontro scontro tra queste tre diverse culture testimoniano un perido di grande interesse storico e naturalmente anche musicale.

A partire dal 1492, anno della dolorosa cacciata delle comunità ebraiche spagnole ad opera dei re cattolici Ferdinando ed Isabella, la cultura sefardita si espanse in tutti i paesi del bacino del mediterraneo: Portogallo, Francia, Italia centro-settentrionale, Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto e in tutto il resto dell’Impero Ottomano, in particolare Turchia, Grecia, Palestina, Siria, ma non mancarono importanti insediamenti anche in Yugoslavia, Paesi Bassi, Austria, Polonia ed Americhe.

MUSICA SEFARDITA

Da questo sintetico quadro risulta evidente come la musica sefardita si sia sempre confrontata con i repertori, gli strumenti e le prassi esecutive dei paesi che ospitavano comunità ebraiche, in un rapporto di fertile scambio. Le caratteristiche più peculiari della musica sefardita risalgono alla loro origine spagnola, medioevale e rinascimentale. Nella sua struttura melodica sono presenti tracce arcaiche, si conservano cadenze e forme in uso nella musica dei menestrelli dell’occidente cristiano. Si trovano inoltre nella musica sefardita alcuni dei più importanti parametri che caratterizzano i sistemi musicali islamici: scale, modi ornamenti, microintervalli, improvvisazioni guidate, stile interpretativo, basti pensare alle assonanze con la tradizione arabo andalusa.

Il repertorio sefardita è costituito in gran parte dalla romanza (canzone narrativa epica o lirica che ha origini da fonti tradizionali o popolari), dalla compla (componimento a strofa libera, in particolare utilizzato per la festa di Purim, il carnevale ebraico) e dalla cantica (canzone generalmente legata al ciclo della vita,  particolarmente suggestive quelle de parida, cioè della partoriente). Non mancano naturalmente ninne-nanne e filastrocche, patrimonio comune di moltissime culture musicali popolari. Di ambientazione religiosa  è invece il piyyut,composto in genere dai chazzan, i cantori sinagogali.

La musica sefardita si caratterizza dunque per un uso preponderante della voce solista, in particolare femminile, ma non mancano naturalmente brani strumentali, perlopiù andati perduti.

GLI STRUMENTI

Gli strumenti musicali svolgono comunque un importante ruolo di accompagnamento. Si distinguono l’ud, antico strumento a corde pizzicate già molto popolare ai tempi degli assiri e dei sumeri e poi diventato strumento nazionale della tradizione islamica; il kanun, cetra trapezoidale con corde di budella di bue che variano da 63 a 84, suonata quasi esclusivamente dagli uomini; il pandero, tamburello di competenza esclusivamente femminile nei tempi più remoti; la darabukka, tamburo a forma di clessidra diffuso in tutto il bacino del mediterraneo e in tutti i paesi dell’ex impero ottomano.

In questo progetto il repertorio tradizionale sefardita viene riproposto nell’ottica della moderna improvvisazione jazzistica in un progetto davvero unico e originale.

Line-up

Gabriele Coen (sax soprano – sax tenore – clarinetto) – Alessandro Gwis (pianoforte) – Mario Rivera (basso elettrico, basso acustico)